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non solo tecnologia ma valore alla persona


L’Unione europea valorizza l’industria 5.0, verso la quale cerca di favorire la transizione. Il passaggio dalla fase dell’industria 4.0 è incentivato con un ingente sostegno economico a supporto della trasformazione di realtà produttive altamente automatizzate e intelligenti in un modello ancora più evoluto, basato su tre pilastri: sostenibilità, centralità della persona e resilienza. Un’idea nuova, caratterizzata da valori che proiettano la creazione di ricchezza in una dimensione antropocentrica che aspira alla realizzazione della persona anche in una prospettiva futura, che dunque guarda oltre le esigenze e i bisogni del presente e se ne fa carico.

L’attenzione della politica e dell’amministrazione europea e nazionale si è concentrata, però, soprattutto sugli investimenti nelle macchine, che si vuole lavorino con e per la persona, potenziando le sue capacità e in qualche modo rendendola più libera. La focalizzazione sull’evoluzione tecnologica sembra però porre nell’ombra un aspetto fondamentale: il fatto che le innovazioni tecnologiche dovrebbero essere innanzitutto funzionali al benessere della persona.

Soprattutto le piccole e medie realtà produttive sembrano dimenticare che l’idea fondamentale che è alla base dell’Industria 5.0 impone una riflessione sullo stesso modo di essere e di organizzare le imprese, al di là dell’impiego di macchine e tecnologie sempre più sofisticate. 

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Nella nuova dimensione verso cui ci si vuole proiettare la produzione del valore presuppone un equilibrio tra efficienza tecnologica, sostenibilità e centralità dell’essere umano. Tutti gli elementi qualificanti del concetto di Industria 5.0 poggiano insomma sulla “primazia” delle persone, sulla loro valorizzazione e, quantomeno implicitamente, sulla loro fidelizzazione.

Per favorire un’integrazione realmente positiva tra persona e macchina, è fondamentale investire innanzitutto sulle persone, offrendo loro una formazione continua che ne valorizzi competenze e potenzialità. Questo è un elemento essenziale per restare al passo con i tempi e affrontare con consapevolezza l’evoluzione tecnologica. Crescere professionalmente, inoltre, rafforza l’autostima di chi lavora, riconoscendolo non come semplice esecutore di compiti, ma come protagonista attivo nei processi, capace di mettere in gioco saperi e valori.

Ancora, la promozione dell’innovazione richiede lavoratori inclini alla dinamicità, dotate di competenze che consentano loro di essere autori del cambiamento e, magari, di anticiparlo. Ritorna, quindi, la centralità della formazione come strumento di valorizzazione della persona.

Ulteriormente, la valorizzazione delle competenze si concilia con il carattere della flessibilità, un’altra peculiarità dell’Industria 5.0. Questa, intesa come capacità di adattamento alle condizioni dell’ambiente di lavoro e di mercato, richiede un’articolazione interna che rifletta l’attitudine dell’impresa a impiegare in modo ottimale le risorse di cui dispone.

L’indiscutibile centralità della persona nel tempo dell’Industria 5.0 non è neutra, ma incide profondamente sulle scelte generali dell’impresa. Una prima attenzione si impone al momento della selezione dei collaboratori: all’imprenditore che vuole essere coerente con questo concetto si richiede infatti l’impegno a riconoscere l’unicità dell’individuo con cui si relaziona, per scoprirne le potenzialità e valorizzarle.

Una seconda attenzione è necessaria quando si disegna l’organizzazione dell’impresa e si determinano le politiche aziendali. In questi momenti, infatti, si richiede una particolare lungimiranza, intesa come capacità di guardare oltre il momento contingente e pensare in una logica di lungo termine.

L’imprenditore è tenuto a immaginare divisioni di compiti e mansioni che favoriscano il dialogo e il confronto costruttivo, ingredienti essenziali dell’innovazione. Deve inoltre definire trattamenti economici che rendano partecipi i lavoratori del successo raggiunto con il loro apporto e, non ultimo, essere aperto alla flessibilità.

D’altronde, il concetto di Industria 5.0 presuppone una governance sostenibile, necessariamente aperta all’inclusione e alla personalizzazione dei rapporti con i collaboratori, essi stessi valori necessari all’impresa per creare valore.

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Il come non è difficile, anche se non è banale, perché richiede all’imprenditore disponibilità ad ascoltare e capacità di osservare. Un’attenzione nei confronti dei collaboratori che può, ad esempio, portare al riconoscimento di opportunità che a volte possono rivelarsi addirittura più apprezzate di non marginali aumenti retributivi.

L’Industria 5.0 rappresenta per le imprese un’opportunità e al tempo stesso una sfida: la nuova dimensione impone infatti una ridefinizione del loro approccio al lavoro e alla produzione, una “rivoluzione” che ponga l’essere umano al centro di un sistema proiettato a realizzare benefici per chi produce, per chi concorre alla produzione e, più in generale, per la collettività, vista anche in una proiezione futura e, dunque, sostenibile.

La chiave del successo della nuova era industriale risiede nella capacità di bilanciare progresso tecnologico e relativi investimenti con le esigenze e le potenzialità degli individui e, ancora, con le risorse destinate alla loro elevazione e formazione. Infatti è dall’equilibrio tra queste due componenti che si si può attendere la realizzazione di un “ecosistema” in cui uomo e macchina collaborino in perfetta sinergia.

In conclusione non ci si può limitare ad immaginare smart factory integrate con robot collaborativi (cobot), perché si richiedono anche investimenti significativi nel capitale umano, e quindi nella ricerca delle mansioni più congeniali cui adibire il singolo collaboratore, riconoscendolo per quelle sue specifiche capacità che corrispondono ai lati della personalità in cui si riconosce. Ancora: è necessaria una ricerca di flessibilità della giornata lavorativa che consenta la più alta conciliazione tra impegno professionale ed esigenze familiari. È poi fondamentale l’attenzione ai bisogni di formazione del collaboratore che ambisce ad elevare la propria cultura generale, con investimenti mirati a sostenerlo in questo percorso, ad esempio nella frequentazione di corsi di lingua straniera o complementari alla specializzazione professionale. Infine, ma non ultima d’una serie aperta di spunti di riflessione, è necessaria l’attenzione per le esigenze di vita del lavoratore e della sua famiglia; attenzione che si può, magari, concretizzare nella stipula di polizze sanitarie con possibilità di estensione ai prossimi congiunti.

In un contesto economico sempre più competitivo e incerto, il concetto che è alla base dell’Industria 5.0 è quello di innovare automatizzando ed umanizzando. Le imprese che sapranno ascoltare, valorizzare e includere le persone potranno aspirare a essere più forti e resilienti. Perché al centro del cambiamento, oggi più che mai, c’è l’ingegno umano, l’intelligenza, la creatività e la voglia di contribuire a qualcosa di significativo.





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