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Tutela del credito e crisi d’impresa, il dibattito a Palermo


A confronto al convegno di Palermo esperti di diritto ed economia. Il QdS presente come media partner dell’evento.

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La tutela del credito è materia complessa e assai delicata. Il dottor Gianfranco Pignataro, presidente della IV Sezione civile Procedure concorsuali del Tribunale di Palermo, in apertura del convegno di oggi a Palermo, ha infatti offerto una condivisa opinione “sul punto vincente dell’incontro”, cioè “la sinergia”. Il convegno in questione è quello intitolato “Tutela del credito e regolazione della crisi: i nuovi scenari”, organizzato a Villa Airoldi in una full immersion molto proficua.

Giudici, avvocati, commercialisti, docenti universitari, hanno condiviso competenze ed esperienze su una materia ormai strategica per la tutela del credito – appunto titolo del convegno – ma anche del tessuto produttivo, dei potenziali investitori, dei creditori ed anche degli stessi debitori.

Tutela del credito e crisi d’impresa, il dibattito

La crisi d’impresa è quindi una materia complessa e straordinaria, che offre però anche straordinarie opportunità con una corretta gestione delle procedure individuali, concorsuali, concordate. Secondo il professor Carlo Amenta, giudice del Tribunale di Palermo per la sezione civile delle esecuzioni mobiliari, “si tratta di una vera e propria infrastruttura di un mercato”. Per il giudice Amenta quindi, “l’idea è che meglio funzionano questi strumenti di uscita, così come quelli di entrata, meglio un mercato funziona”. In una sala conferenze piena, con qualche ospite perfino in piedi, sono stati affrontati i primi quattro panel con autorevoli relatori ascoltati dalla platea con rigorosa attenzione e silenzio.

“Questi convegni sono certamente utili perché mettono al tavolo sensibilità diverse e competenze diverse, e questo credo che sia il grande valore aggiunto – dice il professor Carlo Amenta – perché solo diffondendo gli strumenti, sia le caratteristiche sia le criticità, si riesce a creare quella consapevolezza che da all’imprenditore, al consulente ed anche a chi deve decidere, come i magistrati, la possibilità di fare davvero quel lavoro che serve al mercato per funzionare”.

Il convegno è stato promosso dall’Associazione Delegati Custodi e Curatori di Palermo (ADCC) e dal Laboratorio di Diritto della crisi d’impresa, con il patrocinio dell’Università di Palermo, dell’Ordine degli Avvocati, dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Palermo e del Consiglio Notarile di Palermo e Termini Imerese. Alla due giorni, accreditata presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, tra venerdì 20 e sabato 21 giugno parteciperanno relatori esperti appartenenti a ogni categoria professionale coinvolta.

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“Un evento strategico”

Giuseppe Mirìa, presidente di Adcc Palermo, lo definisce un “evento assolutamente strategico”, perché “oramai le procedure esecutive individuali e le procedure concorsuali sono ancora più legate rispetto a prima, e lo vediamo anche dalla riduzione di molte procedure esecutive classiche piuttosto che delle liquidazioni giudiziali; anche perché – aggiunge Mirìa – con i nuovi strumenti di regolazione della crisi, ovviamente si va a bloccare le procedure nuove ovvero anche a sospendere quelle procedure già incardinate anche addirittura con la vecchia riforma”.

L’avvocato Mario Parisi è uno dei membri del comitato scientifico che, insieme all’avvocato Fabrizio Giambona e al professor Michele Perrino, ha composto il comitato scientifico che stava alla base di un confronto ben riuscito e apprezzato da ogni categoria professionale presente. “Abbiamo cercato di intercettare un’esigenza, che è quella di trovare un linguaggio condiviso fra tutti gli operatori del settore”. La sintonia sul codice di comunicazione si è subito instaurata e i venti minuti a relatore concessi per ogni intervento sono stati assorbiti con grande interesse dalla sala. Il confronto ha avuto ulteriore valore grazie anche all’apporto di due illustri accademici, uno dei quali il già menzionato membro del comitato scientifico e dell’Università di Palermo al Laboratorio di Diritto della crisi di impresa da cui parte l’iniziativa del convegno.

“Non sarebbe stato possibile questo evento se non ci fossero stati dieci anni di lavoro insieme, non a caso si chiama laboratorio”, dice il professore e avvocato Michele Perrino. Altro accademico di riconosciuta caratura che ha partecipato al convegno il professor Daniele Vattermoli, giunto a Palermo dall’Università La Sapienza di Roma per mettere a disposizione la sua esperienza in materia. Vattermoli si occupa di diritto della crisi sostanzialmente da sempre. L’avvocato e docente de La Sapienza si è anche laureato in Diritto fallimentare.

“La disciplina attuale – spiega Vattermoli – è frutto di una sedimentazione temporanea molto veloce, le modifiche si susseguono praticamente ogni anno, e questo non da tempo a noi come dottrina ma soprattutto ai giudici, cioè alla giurisprudenza di fissare quello che viene chiamato ‘diritto vivente’; perché le norme non disciplinano tutte le fattispecie, sono dei principi generali e poi quello che si crea con l’apporto della dottrina della giurisprudenza è il diritto vivente e va a regolare le questioni concrete”.

Altra figura di grande autorevolezza è il dottor Gianfranco Pignataro, che prima dell’attuale ruolo di presidente di Sezione al Tribunale di Palermo per le Procedure concorsuali aveva ricoperto analogo incarico sulle Procedure individuali. Pignataro ha certamente chiaro il principio di equilibrio da mantenere per la tutela del credito e di ogni soggetto coinvolto nelle procedure in materia di diritto del credito.

“Quando un’azienda è in crisi – ci spiega il presidente Pignataro – deve provare a trovare un partner o qualcuno che possa in qualche modo intervenire finanziandola e riuscendo a risolvere la crisi, altrimenti si va sul mercato e si va a vendita, e anche questo settore adesso funziona bene perché il sistema della pubblicità ha ampliato la platea degli offerenti e questo, come pure è stato rilevato, è un vantaggio per la procedura: più offerenti ci sono e più il prezzo di vendita aumenta”. Quindi, dice il giudice, “intanto il creditore soddisfa il suo credito, e forse il debitore riesce a liberarsi completamente se riesce a vendere al miglior prezzo”.





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