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Quali Imprese Non Sono Soggette Alle Procedure Concorsuali?


Hai un’attività in difficoltà e ti stai chiedendo se puoi davvero essere sottoposto a una procedura concorsuale, oppure se la tua impresa rientra tra quelle escluse? Temi che possano dichiararti fallito o costringerti alla liquidazione giudiziale, ma non sei certo di essere soggetto alle stesse regole delle grandi aziende?

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Non tutte le imprese possono essere coinvolte in procedure concorsuali. Esistono infatti categorie specifiche escluse per legge, per dimensioni, natura giuridica o tipologia di attività. Sapere se rientri tra queste eccezioni è fondamentale per capire quali strumenti legali puoi (o non puoi) usare in caso di crisi.

Quali sono le imprese non soggette alle procedure concorsuali?

In generale, non sono soggette a liquidazione giudiziale (ex fallimento) e ad altre procedure concorsuali:

  • le imprese sotto soglia, cioè con un volume d’affari, attivo patrimoniale e numero di dipendenti molto contenuti;
  • le imprese agricole (salvo eccezioni particolari);
  • i professionisti (avvocati, medici, architetti, ecc.);
  • le associazioni e altri enti privi di scopo di lucro;
  • le start-up innovative, che in alcuni casi beneficiano di tutele temporanee;
  • le imprese individuali e le società semplici che non superano certi limiti dimensionali.

Quali sono i criteri per l’esclusione?

Per capire se un’impresa è “sotto soglia” e quindi non soggetta alle procedure concorsuali ordinarie, si valutano:

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  • attivo patrimoniale annuo inferiore a 300.000 euro;
  • ricavi lordi annui sotto i 200.000 euro;
  • meno di 3 dipendenti in media nell’ultimo triennio.

Se anche solo uno di questi requisiti non è superato, l’impresa non può essere sottoposta a liquidazione giudiziale e dovrà ricorrere a procedure semplificate o strumenti di composizione negoziata.

E se la tua impresa è esclusa?

Essere esclusi dalle procedure concorsuali tradizionali non significa che non esistano soluzioni alla crisi. Al contrario, potresti:

  • accedere alla composizione negoziata della crisi;
  • presentare domanda per la liquidazione controllata (se sei un imprenditore minore);
  • chiedere l’esdebitazione, se i tuoi debiti sono insostenibili e non hai patrimonio da proteggere;
  • evitare il blocco dell’attività e le azioni dei creditori, tutelandoti in modo intelligente.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa, liquidazioni e procedure alternative – ti spiega quali imprese non sono soggette alle procedure concorsuali, come verificare se rientri tra queste e quali strumenti puoi usare per gestire o risolvere la crisi.

Non sai se la tua impresa può essere dichiarata fallita? Hai ricevuto minacce dai creditori e vuoi sapere se sei davvero a rischio di liquidazione giudiziale?

Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo i tuoi numeri, la forma giuridica e la tua posizione complessiva, e ti aiuteremo a scegliere la strada giusta per proteggere l’attività, evitare danni e uscire dalla crisi in sicurezza.

Nel diritto fallimentare e, da luglio 2022, nel Codice della crisi d’impresa (D.lgs. 14/2019 e succ. mod.) sono individuati specifici soggetti ed imprese escluse dall’ambito delle procedure concorsuali (fallimentari). In base all’art. 1 c.1 CCI, il Codice della crisi disciplina crisi e insolvenza del consumatore, del professionista o dell’imprenditore – anche se non a fini di lucro – che eserciti un’attività commerciale, artigiana o agricola, sia esso persona fisica, giuridica o altro ente collettivo. Restano dunque fuori del campo applicativo dello stesso Codice, in quanto non “imprenditori” ai sensi civilistici, lo Stato e gli enti pubblici (Regioni, Provincie, Comuni, ASL ecc.), esplicitamente esclusi fin dall’art. 1 CCI. Si tenga inoltre presente che restano vigenti speciali discipline (es. amministrazione straordinaria, liquidazione coatta) per imprese pubbliche, enti bancari/assicurativi, società sportive, ecc.

Le categorie di imprese non assoggettabili alle tradizionali procedure concorsuali (fallimento/liquidazione giudiziale, concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti) possono essere suddivise in due grandi tipi: esclusioni di rango soggettivo/dimensionale e esclusioni di rango giuridico. Di seguito si analizza, in modo dettagliato e aggiornato a giugno 2025, ogni fattispecie rilevante, con riferimenti normativi e giurisprudenziali.

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1. Esclusione per dimensione: l’“impresa minore” e soglie dimensionali

Il Codice della crisi introduce (art. 2, lett. d CCI) la nozione di “impresa minore”, riprendendo i limiti dimensionali già presenti nella precedente legge fallimentare (L. 267/1942). Per l’ammissione al fallimento (oggi liquidazione giudiziale) si richiede infatti che l’imprenditore non rientri nei requisiti di impresa minore. In concreto, un’impresa è definita “minore” se tutti e tre i seguenti requisiti congiuntamente si verificano nei 3 esercizi precedenti (o da inizio attività):

  • Attivo patrimoniale annuo ≤ 300.000 €;
  • Ricavi lordi annui ≤ 200.000 €;
  • Debiti totali (anche non scaduti) ≤ 500.000 €.

Questi parametri – aggiornabili ogni tre anni con decreto ministeriale – sono tratti dall’art. 1 co.2 L.F. (R.D. 267/1942). Se l’impresa rispetta tali soglie dimensionali, è esclusa dalla liquidazione giudiziale (il “fallimento” moderno) e dagli altri strumenti concorsuali maggiori. In particolare, l’art. 121 CCI prevede che le regole di liquidazione giudiziale si applicano “agli imprenditori commerciali che non dimostrino il possesso congiunto dei requisiti di cui all’art.2, co.1, lett. d”. Di conseguenza, gli imprenditori che soddisfano i requisiti di “impresa minore” non possono essere ammessi alla liquidazione giudiziale.

Analogamente, la lettera d) introduce in CCI la nuova locuzione “impresa minore” ed esclude espressamente tali soggetti dal fallimento: ciò implica che gli imprenditori soggetti a liquidazione (ossia non sotto-soglia) devono essere commerciali e sopra i limiti dimensionali. In pratica, un piccolo imprenditore (sotto soglia) non può essere dichiarato in liquidazione giudiziale (vecchio fallimento), né proporre un concordato preventivo ordinario. Lo stesso vale – secondo la dottrina – anche per gli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 57 CCI: pur richiedendo solo che l’imprenditore sia “anche non commerciale”, la condizione resta che non sia imprenditore minore.

Di fatto, le imprese sotto soglia sono escluse dalle procedure concorsuali “maggiori” e accedono, in caso di crisi, a strumenti riservati o semplificati. Ad esempio, in luogo del fallimento viene applicata la liquidazione controllata dei beni (art. 268 CCI) o la procedura di composizione negoziata (vedi oltre), mentre per i creditori è previsto un “concordato minore” attivato dal debitore in sovraindebitamento. In proposito, è confermato che l’onere di prova del “sotto-soglia” grava sul debitore, al pari della prassi giurisprudenziale precedente.

Per riassumere:

  • Imprese minori (attivo ≤300k€, ricavi ≤200k€, debiti ≤500k€) sono non assoggettabili a liquidazione giudiziale né a concordato preventivo o accordi di ristrutturazione.
  • Per tali soggetti esistono procedure alternative: composizione negoziata (stragiudiziale) e liquidazione controllata (sovraindebitamento).
  • Nonostante ciò, anche le imprese sotto soglia possono richiedere la composizione negoziata per la crisi (vedi paragrafo dedicato).

Simulazione – Piccolo imprenditore individuale: un commerciate individuale con attivo di €250.000, ricavi €180.000 e debiti €400.000 è sotto soglia. Se entra in crisi, non potrà fallire né fare un concordato preventivo classico. Potrà invece avviare una composizione negoziata (assistenza di un esperto) o chiedere la liquidazione controllata ex art. 268 CCI. Questo significherà redigere un piano di risanamento informale o rivolgersi alla procedura di sovraindebitamento (la “concordato minore”), prospettando pagamenti differiti a creditori e pubblico, salvo opposizioni.

2. Impresa agricola: evoluzione normativa ed esclusioni

L’imprenditore agricolo ha una disciplina speciale. L’art. 2195 c.c. classifica come agricolo chi svolge coltivazioni, allevamento, ecc. Tradizionalmente, l’imprenditore agricolo era in gran parte esente dal fallimento commerciale. Con la riforma del 2019, l’imprenditore agricolo non è considerato imprenditore “commerciale” di diritto, per cui l’art. 121 CCI – richiedendo imprenditore commerciale – di fatto lo escludeva dalla liquidazione giudiziale (fallimento). In sintesi, ai sensi del delegato dello Stato, sono esclusi dalla liquidazione giudiziale gli imprenditori agricoli insieme agli enti pubblici e alle start-up innovative.

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Tuttavia, la crisi del settore agricolo ha spinto ad adeguamenti normativi: dal 2021 la composizione negoziata (DL 118/2021 conv. L.147/2021) si applica a tutti gli imprenditori, ivi compreso l’agricolo. In particolare, studi di prassi e la giurisprudenza di merito chiariscono che l’imprenditore agricolo può accedere agli accordi di ristrutturazione (art.57 CCI) “anche se non commerciale”, purché non sotto-soglia. Dal 2021 in poi, un agricoltore che superi le soglie di legge è considerato equiparato all’imprenditore commerciale ai fini delle procedure concorsuali. In altri termini, l’imprenditore agricolo “sopra soglia” ora può essere ammesso al fallimento e alle procedure concorsuali. Un’analoga decisione vale per il concordato preventivo: superate le dimensioni, l’agricoltore è fallibile come un commerciale. Viceversa, l’agricoltore “sotto soglia” mantiene accesso solo alle procedure speciali di sovraindebitamento ex L.3/2012 (la c.d. “concordato minore”) o alla liquidazione controllata.

Infine, le modifiche più recenti (in particolare il correttivo-ter D.lgs.136/2024) hanno confermato questa linea: ad es., l’art. 57 CCI è stato interpretato dando facoltà agli imprenditori agricoli di proporre accordi di ristrutturazione. Pertanto, l’imprenditore agricolo è escluso dalle procedure maggiori solo se rimane “minore” secondo legge; altrimenti è pienamente assoggettato.

Simulazione – Agricoltore professionista: un coltivatore diretto con fatturato di €180.000 e debiti per €300.000 è sotto soglia. In crisi, potrà scegliere una composizione negoziata o il concordato minore, ma non il fallimento. Viceversa, se la stessa azienda fattura €400.000 l’anno, essa supera il limite di €200.000 di ricavi (anche se l’attivo è modesto), per cui sarà trattata come imprenditore commerciale: potrà accedere al concordato preventivo o al fallimento come qualsiasi azienda, e non solo alle procedure speciali.

3. Esclusioni per natura giuridica

Al di là di dimensione e attività, alcune categorie di soggetti sono automaticamente escluse dalle procedure concorsuali, proprio a causa della loro natura giuridica.

  • Enti pubblici: come già ricordato, art. 1 CCI esplicitamente esclude «lo Stato e gli enti pubblici» dall’applicazione del Codice. Ciò significa che Comuni, Regioni, ASL, ed enti pubblici in generale (ivi comprese società a partecipazione pubblica che svolgono attività istituzionale) non possono essere dichiarati in fallimento o concordato preventivo come tali. In caso di crisi finanziaria di un ente pubblico, si applicano altre norme (contabilizzazione pubblica, procedure di risanamento previste da leggi speciali, es. federalismo municipale, leggi regionali, ecc.), non il Codice della crisi destinato ai soggetti di diritto privato. La giurisprudenza e la dottrina concordano che, pur essendo “imprese” dal lato amministrativo, i comuni non sono soggetti fallibili.
  • Associazioni non riconosciute: queste associazioni non hanno personalità giuridica autonoma rispetto agli associati. Di conseguenza, non possono fallire come entità distinte. In pratica, non esiste un fallimento in capo all’associazione non riconosciuta, ma l’eventuale procedura colpisce i soci che abbiano agito per essa. In base a orientamenti consolidati, «la dichiarazione di fallimento si estende agli associati che hanno agito in nome e per conto dell’associazione». In altre parole, l’associazione non riconosciuta non è autonoma e, se insolvente, ogni crisi si traduce nella responsabilità personale degli associati. Di conseguenza, tali soggetti non accedono alle procedure concorsuali “dell’associazione” – al più può emergere un sovraindebitamento dei singoli membri ai sensi della L.3/2012.
  • Consumatori e professionisti: pur non essendo “imprese” nel senso commerciale, è utile ricordare che il Codice prevede misure specifiche per soggetti non-imprenditori. In particolare, la nozione di sovraindebitamento (art. 2 c.1 lett. c CCI) include consumatori, professionisti, imprenditori minori e altri «debitori non assoggettabili alla liquidazione giudiziale». A questi soggetti si applica la legge sul sovraindebitamento (L.3/2012) e la composizione negoziata (per gli imprenditori minori), ma non le procedure fallimentari. In pratica, un libero professionista o un consumatore indebitato possono ricorrere a piani di ristrutturazione del debito previsti dalla legge 3/2012, e non agli istituti del Codice fallimentare.
  • Società semplici agricole: in base all’art. 2247 c.c., la società semplice esiste solo per attività agricola. Essa è comunque un imprenditore agricoltore e segue le regole dell’agricoltura. Se rispetta i limiti dell’imprenditore minore agricolo, non può fallire (cadrebbe sotto la regola sopra). Qualora il fatturato fosse superiore, la società semplice agricola può accedere a concordato o liquidazione come gli altri. In sintesi, nessuna regola speciale aggiuntiva: vale quanto detto per gli imprenditori agricoli.
  • Imprese familiari e altri enti speciali: la procedura fallimentare si applica normalmente anche alle imprese familiari (art.230-bis c.c.) e società di persone esercenti attività commerciale, come indicato nella prassi. Tuttavia, vi è una deroga: l’impresa familiare non può fallire per indebitamenti anteriori all’ingresso del family member (salvo che divenga socio attivo); ciononostante, può accedere alle procedure concorsuali in corso.

Riassumendo, le esclusioni “per forma giuridica” riguardano in primo luogo gli enti pubblici e le associazioni non riconosciute. Tutti gli altri enti – compresi quelli di diritto privato (cooperative, fondazioni, società in house, ecc.) – sono assoggettabili alla disciplina concorsuale se svolgono attività d’impresa. Ad esempio, una fondazione o un’associazione riconosciuta che eserciti commercio è soggetta anch’essa al fallimento se supera certe dimensioni. Il criterio di operare “conmodifica professionale e imprenditoriale” resta prevalente.

4. Procedure concorsuali “minori”: composizione negoziata e piani attestati

Nel sistema attuale esistono anche procedimenti non concorsuali che mirano alla ristrutturazione o composizione del debito: in particolare la Composizione negoziata della crisi d’impresa (D.L.118/2021, conv. L.147/2021) e gli accordi di ristrutturazione con piano attestato (art. 56 CCI). È importante chiarire che nessuna nuova categoria di imprese è esclusa ex lege da tali strumenti: qualsiasi imprenditore in crisi, anche sotto soglia, può in linea di massima ricorrervi.

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  • Composizione negoziata (ex art. 14-25 CCI): è uno strumento stragiudiziale di composizione concordata della crisi. Vi accede l’imprenditore in stato di squilibrio patrimoniale o di crisi (non necessariamente formale insolvenza) su istanza al tribunale, con nomina di un esperto indipendente. L’accesso è aperto a qualsiasi imprenditore, senza esclusioni di dimensione. In particolare, le imprese sotto soglia vi possono partecipare esattamente come quelle grandi: «anche un’impresa minore può attivare la composizione negoziata». Ciò conferma che, pur essendo escluse dalle procedure concorsuali formali, le micro-imprese non sono escluse da questo percorso di ristrutturazione volontario. Allo stesso modo, l’accesso non viene precluso agli imprenditori agricoli (è previsto per “imprenditore” tout court in crisi).
  • Piani attestati di risanamento (art. 56 CCI): l’imprenditore in crisi (o insolvente) può predisporre un piano di risanamento da proporre in autogestione ai creditori, corredato dall’attestazione di un esperto sulla veridicità dei dati e fattibilità economica. Anche qui, il legislatore non distingue tra dimensioni: la norma si riferisce genericamente all’“imprenditore in stato di crisi o insolvenza”. Di conseguenza, i piccoli imprenditori o agricoli possono predisporre un piano attestato da depositare al registro delle imprese. L’unico vincolo è la situazione di crisi effettiva (o insolvenza prospettica): al di fuori di essa il piano non ha senso. Non essendo procedura concorsuale, non si applicano divieti di sorta.
  • Accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 57 CCI): sono accordi stragiudiziali fra debitore e creditori qualificati per la ristrutturazione del debito, con possibile omologazione in tribunale. L’art. 57 CCI richiede che l’accordo sia concluso dall’“imprenditore, anche non commerciale e diverso dall’imprenditore minore”. In altre parole, è ammesso anche l’imprenditore agricolo o non commerciale, purché non imprenditore minore. Questo conferma che l’imprenditore agricolo sopra soglia può stipulare accordi di ristrutturazione, mentre l’agricoltore sotto soglia ha l’alternativa della sola liquidazione controllata o L.3/2012. In generale gli accordi e i piani attestati sono strumenti a cui qualsiasi imprenditore con crisi dimostrabile può ricorrere, senza ulteriori esclusioni soggettive. Anche i soci illimitatamente responsabili (SNC, SAS) possono stipularli per conto dell’impresa.

In definitiva, le procedure concorsuali minori (composizione negoziata, piani di risanamento attestati, accordi di ristrutturazione) non impongono nuove categorie di esclusione: esse restano riservate ai “debitore imprenditore” in crisi, indipendentemente dalla dimensione o natura dell’impresa. Per questo motivo, molti soggetti esclusi dal fallimento (piccoli imprenditori, agricoltori) possono comunque adottare i nuovi strumenti stragiudiziali di ristrutturazione, spesso con incentivi normativi (es. agevolazioni fiscali, moratorie) aggiunti recentemente.

5. Confronto operativo e tabelle riepilogative

Per chiarezza si riassume, mediante tabelle, la situazione delle diverse categorie di imprese e le loro opzioni di procedura.

Tabella 1 – Soggetti esclusi/maggiori proceduralmente

Soggetto Dimensioni/Qualifica Escluso da fallimento/conc. prev. Procedure alternative Note
Impresa sotto soglia (attivo≤300k, ricavi≤200k, debiti≤500k) – commerciale o agricola Piccola impresa/ditte individuali Composizione negoziata, liquidazione controllata (art.268), sovraindebitamento (L.3/2012) Non accede a concordato ordinario; può proporre concordato “minore” sotto L.3/2012.
Impresa sopra soglia – commerciale Media/Grande impresa No (può essere fallibile) Concordato preventivo ordinario, accordi di ristrutturazione con omologazione Procedura classica applicata normalmente.
Impresa sopra soglia – agricola Azienda agricola medio-grande Prima (fino 2021) esclusa, oggi no Concordato, fallimento, accordi di ristrutturazione Dal 2021 equiparata all’imprenditore commerciale se “non minore”.
Enti pubblici (Stato, Regioni, Comuni) Procedimenti amministrativi di risanamento (non concorsuali) Applicabilità delle norme speciali (es. risanamento enti locali).
Associazioni non riconosciute Sì (non persona giur.) Fallimento dei singoli soci, sovraindebitamento dei soci Non costituiscono soggetto autonomo; la procedura si estende ai soci che agiscono per essa.
Consumatori/Profess. (non “imprenditori”) Sì (non soggetti fall.) Procedure di sovraindebitamento ex L.3/2012 Escluse dalle procedure concorsuali ordinare; specifiche procedure dedic.

La Tabella 1 sintetizza i soggetti automaticamente esclusi dal fallimento e dal concordato preventivo (colonna “Escluso da…=Sì”), indicandone le alternative possibili. L’ultima riga segnala i debitori non-imprenditori, soggetti alle procedure di sovraindebitamento.

Tabella 2 – Simulazioni pratiche (dal punto di vista del debitore):

Caso pratico Dati principali Esito procedurale Osservazioni
Piccola SRL (commercio) Attivo €250k; ricavi €150k; debiti €400k (tutti sotto soglia) No liquidazione giudiziale; sì liquidazione controllata o composizione negoziata Può attivare subito la composizione negoziata (esperto e trattative), oppure chiedere liquidazione controllata ex art.268 per pagare parzialmente i creditori.
Ditta individuale agricola piccola Attivo €150k; ricavi €120k; debiti €200k (sotto soglia agricolo) Non fallibile; sì composizione negoziata o sovraindebitamento Non può fallire né concordarsi preventivamente; potrà usare la composizione negoziata per ristrutturare i debiti con creditori e Fisco.
SRL medio-grande Attivo €500k; ricavi €350k; debiti €800k (sopra soglia) Sì al fallimento/concordato; procedura ordinaria Può proporre un concordato preventivo, un accordo di ristrutturazione (piano attestato) o, se in crisi conclamata, essere dichiarata in liquidazione giudiziale.
Associazione culturale non riconosciuta Debiti €50k; operatività associativa N.A. (non soggetto fallibile) I debiti non colpiscono l’associazione in sé, ma i soci coinvolti. Gli eventuali debiti rilevano nella sfera personale dei soci (possibile ricorso L.3/2012 dei soci).

Le due tabelle evidenziano come la qualificazione soggettiva e dimensionale del debitore determini il percorso procedurale. Il debitore dovrebbe innanzitutto valutare se ricade nelle esclusioni di cui sopra, per poi orientarsi verso lo strumento più idoneo (tabella 2).

6. Domande e risposte frequenti (FAQ)

1. Un piccolo artigiano può dichiararsi fallito?
No. Se rientra nella categoria di “imprenditore minore” (attivo ≤300k, ricavi ≤200k, debiti ≤500k), non può essere dichiarato fallito. L’art. 121 CCI ammette la liquidazione giudiziale solo agli imprenditori commerciali che non dimostrino i requisiti dell’art.2 lett. d). Pertanto, l’artigiano sotto soglia deve orientarsi verso la composizione negoziata o, in alternativa, la liquidazione controllata dei beni ex art.268 CCI (o eventualmente il sovraindebitamento civile).

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2. L’imprenditore agricolo può fallire o concordarsi?
Dipende dalle dimensioni. Se è “sopra soglia” – cioè supera i limiti dimensionali – da fine 2021 è equiparato all’imprenditore commerciale e può accedere alle procedure concorsuali ordinarie (fallimento, concordato). Se invece è “sotto soglia”, rimane escluso dal fallimento e dal concordato preventivo ordinario: in tal caso può ricorrere alla composizione negoziata o al concordato “minore” ex L.3/2012, ma non al fallimento.

3. Un ente pubblico (ad es. Comune o ASL) può chiedere il concordato?
No. Il Codice della crisi non si applica allo Stato e agli enti pubblici. Quindi un ente pubblico non può accedere al concordato preventivo né al fallimento: la sua crisi deve essere gestita secondo regimi speciali (bilancio pubblico, piani di rientro statali/regionali, ecc.).

4. Un’associazione sportiva dilettantistica non riconosciuta può fallire?
Tecnicamente no, poiché l’associazione non riconosciuta non ha personalità giuridica autonoma. In caso di insolvenza, non si dichiara il fallimento “dell’associazione” ma, come prevede la dottrina, la procedura si estende ai soci responsabili. In pratica i singoli soci che hanno rappresentato l’associazione rispondono del debito e possono cadere in situazioni di sovraindebitamento personale.

5. I piani attestati di risanamento sono preclusi al piccolo imprenditore?
No. L’art. 56 CCI consente a qualsiasi imprenditore in crisi di predisporre un piano attestato di risanamento. Non vi sono soglie dimensionali: l’imprenditore anche piccolo può redigere un piano con annessa attestazione dell’esperto. Tale piano è poi depositabile in autonomia (stragiudizialmente) presso il registro delle imprese. Quindi un piccolo imprenditore sotto soglia rimane libero di usare anche lo strumento del piano attestato, oltre alla composizione negoziata e alla liquidazione controllata.

6. Cosa succede se l’imprenditore è socio di una società a partecipazione pubblica?
Se la società svolge attività commerciale e non gode di altri regimi speciali, vale la regola ordinaria: i soci rispondono illimitatamente secondo la forma giuridica. Le società controllate dallo Stato (c.d. “in house”) possono essere assoggettate alla crisi d’impresa come le altre, salvo particolari normative. Recenti interventi chiariscono che il gruppo di imprese, anche con soci pubblici, può presentare proposte unitarie di risanamento, ma in linea di principio non c’è un’esclusione automatica.

7. Esempi di simulazione dal punto di vista del debitore

  • Caso A: Rossi S.r.l., impresa commerciale, attivo 220k, ricavi 180k, debiti 450k (sotto soglia). Rossi può solo accedere alle procedure di sovraindebitamento/suonista: ad esempio, promuovere una composizione negoziata ex D.L.118/2021, con nomina di un esperto e trattative con creditori pubblici e privati. Il curatore fallimentare non può intervenire. In alternativa, potrebbe chiedere al tribunale l’apertura di liquidazione controllata ex art.268 CCI, presentando istanza con relazione dell’OCC.
  • Caso B: Bianchi Agricoltura S.p.A., attivo 600k, ricavi 350k, debiti 1M (sopra soglia agricolo). Bianchi può chiedere il concordato preventivo ordinario o depositare accordi di ristrutturazione con piano attestato (anche grazie alla specifica disciplina degli accordi). Non gode di alcuna esclusione: essendo agricoltore sopra soglia, rientra nell’ambito concorsuale come una SRL qualunque. Può accordarsi con i creditori fiscali per dilazioni (art.88 CCI) o proporre il fallimento giudiziale.
  • Caso C: Associazione Culturale “Amici della Musica” (non riconosciuta), con debiti verso fornitori per €100.000. Non essendo ente imprenditoriale, l’associazione in sé non può fallire. Tuttavia, i due soci che hanno agito in nome dell’associazione saranno ritenuti debitori degli impegni contratti. Se insolventi, essi potranno chiedere, in proprio, l’ammissione a procedure di sovraindebitamento secondo L.3/2012. L’associazione come entità resterà fuori dalle procedure concorsuali.
  • Caso D: Tecnova S.r.l., start-up innovativa con capitale ridotto: in questi casi la start-up è impresa sotto soglia per definizione (ricavi molto bassi); tuttavia può chiedere liquidazione controllata e composizione negoziata. Le start-up non sono escluse dalla crisi (solo tipologia di credito prioritario può avere regimi speciali), ma data la dimensione tipica ricadono nella categoria “imprese minori”.

Questi esempi pratici illustrano come il debitore imprenditoriale, prima di cercare qualsiasi procedura formale, debba accertare la propria soggettività e dimensione per individuare il percorso legale adeguato (e se applicare forme alternative).

8. Conclusioni

La disciplina aggiornata (Codice della crisi e successive modifiche fino a giugno 2025) stabilisce con precisione i casi di esclusione delle procedure concorsuali. In sintesi: le imprese “sotto soglia” (imprenditori minori) e taluni enti non imprenditoriali non possono essere sottoposti a fallimento/liquidazione giudiziale o concordato preventivo. Tuttavia, tali soggetti hanno a disposizione strumenti sostitutivi (liquidazione controllata, composizione negoziata, accordi di ristrutturazione) che ne consentono il risanamento o la gestione dell’insolvenza. Il Codice della crisi dedica attenzione anche ai nuovi meccanismi stragiudiziali, assicurando che anche i piccoli imprenditori possano ricorrervi.

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L’avvocato o imprenditore che affronta un caso di crisi aziendale deve quindi verificare anzitutto le caratteristiche dimensionali e la natura giuridica dell’impresa per orientarsi correttamente. Le fonti normative recenti (Codice CCI, correttivi 2022-2024) e la giurisprudenza forniscono chiarimenti continui su queste fattispecie. Resta fondamentale anche rivolgersi a un consulente esperto per valutare esattamente quale procedura – conciliativa o concorsuale – sia consentita ed economicamente preferibile nel singolo caso.

Fonti e giurisprudenza

  • D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, art. 1 e art. 2 lett. d, nonché art. 121).
  • D.L. 118/2021 conv. L.147/2021 (introduzione della composizione negoziata e modifiche al Codice).
  • D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 (terzo decreto correttivo al Codice).
  • L. 267/1942, art.1, co.2 (limiti dimensionali “piccolo imprenditore” nell’originaria legge fallimentare).
  • L. 3/2012 (legge sul sovraindebitamento, per soggetti non fallibili).

Non tutte le imprese possono essere sottoposte a fallimento o ad altre procedure concorsuali. Alcuni soggetti, per volume d’affari, forma giuridica o dimensione, sono esclusi dalla liquidazione giudiziale.
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✔️ Avvocato esperto in diritto della crisi e soglie di fallibilità d’impresa
✔️ Difensore di ditte individuali, professionisti e imprese agricole
✔️ Consulente legale per SRL, imprese familiari e lavoratori autonomi
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia

Conclusione

Se rientri tra le imprese escluse dalle procedure concorsuali, puoi affrontare i debiti con strumenti più agili e protettivi.
Con il giusto supporto puoi evitare il fallimento e trovare una via d’uscita legale e sostenibile.

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