Una truffa milionaria ai danni del Gestore dei Servizi Energetici (GSE) e del Gestore dei Mercati Energetici (GME), orchestrata da tre società e sei amministratori, è stata smascherata dalla Guardia di Finanza di Pordenone. L’indagine ha portato alla luce l’indebito ottenimento e la successiva negoziazione di oltre 50.000 Titoli di Efficienza Energetica (TEE), comunemente noti come “Certificati Bianchi”, generando un profitto illecito stimato in oltre 10 milioni di euro.
Le Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Pordenone hanno ricostruito un sofisticato sistema fraudolento. I Certificati Bianchi sono strumenti volti a incentivare il risparmio energetico: un operatore accreditato che realizza progetti di efficienza energetica può richiederne la validazione al GSE e ottenere certificati dal GME, a condizione che il committente dei lavori rinunci alle detrazioni fiscali in cambio di uno sconto in fattura. Questi certificati possono poi essere scambiati sul mercato o venduti a grandi distributori di energia.
Nel caso specifico, l’amministratore di una Società di Servizi Energetici (SSE) di Pordenone, priva di strutture logistiche e dipendenti, avrebbe ottenuto indebitamente Certificati Bianchi a partire dal 2013. Ciò sarebbe avvenuto tramite la validazione da parte del GSE di ben 292 progetti fasulli, che attestavano l’installazione di prodotti per il risparmio energetico presso clienti (privati, imprese e condomini). L’operazione è stata possibile grazie alla collaborazione di due altre imprese: una di rivendita di materiali termoidraulici ed edili e una di distribuzione di pannelli solari. Queste ultime avrebbero fornito i nominativi di veri committenti di interventi di efficientamento energetico che non avevano usufruito delle detrazioni fiscali.
Le 292 richieste, create ad hoc per l’ottenimento dei contributi e relative a lavori mai eseguiti o per i quali la società pordenonese non aveva fornito alcun supporto, hanno permesso all’impresa di incassare 50.322 TEE. Il valore di scambio di questi certificati nei vari periodi di negoziazione ha fruttato alla compagine criminale un profitto di ben 10.066.000 euro.
La Procura della Repubblica di Roma, competente territorialmente, ha formalmente contestato ai sei amministratori coinvolti il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Alle tre società, invece, è stata contestata la “responsabilità amministrativa degli enti”. La notifica della conclusione delle indagini preliminari è già stata inviata a tutti i soggetti coinvolti, in piena sintonia con le tesi investigative delle Fiamme Gialle.
Parallelamente all’azione penale, i Finanzieri hanno interessato anche la Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per il Friuli Venezia Giulia. Quest’ultima, a seguito degli approfondimenti, ha quantificato in 10.417.000 euro il danno erariale conseguente all’annullamento dei certificati bianchi da parte dei soggetti obbligati. I soggetti interessati hanno già ricevuto il cosiddetto “invito a dedurre”, atto con cui vengono formalizzate le accuse e richiesto il deposito di eventuali memorie difensive.
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