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Eni e le altre italiane che investono su Londra (e sul nuovo piano industriale britannico)


di
Enrica Roddolo

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Già pronto il «Cane a sei zampe» con un progetto da 2 miliardi di sterline per la de-carbonizzazione, Marcegaglia mette 50 milioni a Sheffield, Planet Farms con Waitrose: 25 milioni nel più grande sito di vertical farming

«Planet farms, Eni, Marcegaglia: le italiane d’Oltremanica sono pronte al nuovo Piano industriale di Londra», dice a L’Economia Kassim Ramji Console generale britannico. «Eni realizzerà l’HyNet North West project che catturerà l’anidride carbonica prodotta da realtà industriali britanniche per archiviarla in siti ormai dismessi. E un’altra italiana, Planet Farms, eccellenza del vertical farming fondata a Milano nel 2018 da Luca Travaglini e Daniele Benatoff, investirà nel più ambizioso progetto di coltivazioni verticali nel Regno Unito: un piano da oltre 25 milioni di sterline, il più corposo investimento di questo tipo. Già firmata la partnership con Waitrose colosso dei supermercati

Marcegaglia, a Sheffield storica capitale dell’acciaio Oltremanica, investirà 50 milioni di sterline in una clean steel electric arc furnace. Senza dimenticare il farmaceutico: da Chiesi presente a Manchester a Bracco. Economia hard come l’energia, e soft». 




















































Kassim Ramji direttore anche del Dipartimento per l’Industria e il Commercio in Italia, anticipa la Modern Industrial Strategy che il governo britannico annuncerà prima dell’estate: «La nuova strategia industriale lancia un chiaro messaggio: Britain is back and open for business (Londra è tornata, aperta a fare affari). E identifica otto eccellenze sulle quali il governo si concentrerà, a partire proprio dall’energia, con le energie pulite, la manifattura hi-tech, la difesa, le industrie creative, i servizi finanziari e professionali, il digitale e tecnologico e le scienze umane: settori di eccellenza nei quali vogliamo collaborare con l’Italia e il mondo». 

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Un piano di lungo termine per modernizzare l’economia, sviluppato per la prima volta consultando centinaia di business italiani e worldwide per capire in quale direzione muovere. L’Italia è un partner storico, parlano i numeri: l’interscambio tra i due Paesi ha raggiunto i 52,8 miliardi di sterline nel 2024, l’Italia è il nono partner commerciale con un monte investimenti Oltremanica pari a 16,1 miliardi di sterline, 18,6 i miliardi investiti da aziende British in Italia. 

«Quanto alla collaborazione tra Italia e Regno Unito con Eni, consentirà di sviluppare la tecnologia a Liverpool Bay: il gigante energetico è stato infatti scelto dal governo del North Western of England – continua il Console -. Eni realizzerà il progetto da 2 miliardi di sterline che genererà 2 mila posti di lavoro». La nuova tecnologia è funzionale all’agenda di de-carbonizzazione: perché permette di usare una parte di combustibile fossile ma di catturarne le emissioni. Un progetto sul quale Londra punta 22 miliardi di sterline solo per cominciare, reso possibile dalle tante riserve di gas ormai vuote a disposizione nel Regno Unito. 

«E non solo Eni, ma anche Sosteneo, partnership tra Generali Investments e professionisti dell’energia pulita, fa piani con Londra. Mentre in Italia ad Ascoli Piceno è sbarcata la britannica Octopus energy con un 1 miliardo di investimenti entro il 2030 già spesi oltre 150 milioni», aggiunge. 

Sullo sfondo c’è l’accordo post Brexit tra Londra e Bruxelles firmato dal premier britannico Keir Starmer e Ursula Von der Leyen. «L’accordo di Lancaster House ha avviato un nuovo capitolo nelle relazioni EU-UK: la sicurezza è stata l’elemento chiave attorno al quale costruire accordi di business – nota Ramji -. Il seme era stato gettato a settembre 2024, quando il primo ministro britannico venne in Italia e incontrò investitori e imprenditori». 

Imprese come Pirelli, a Londra dal 1919, Campari con lo stabilimento Glen Grant in Scozia, Leonardo che investe 435 milioni di sterline a Yeovil e nuovi piani Oltremanica dove conta otto siti (8 mila posti di lavoro). Re Carlo ha citato a Montecitorio il Global Combat Air Program: «Sì, lavoriamo con Italia e Tokyo pure ai nuovi fighter jet: c’è Leonardo con altri big della difesa».

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23 giugno 2025

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