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Fondi pensione: 10 milioni di iscritti e 243,4 miliardi di risorse – Economia e Finanza


(Teleborsa) – Le risorse di fondi pensione e casse di previdenza alla fine del 2024, sono rispettivamente pari a circa 243,4 miliardi di euro e 124,7 miliardi di euro. È quanto emerge dalla Relazione Annuale sull’attività svolta dalla COVIP nel 2024, presentata oggi dal presidente COVIP Mario Pepe a Roma, alla Sala della Regina della Camera dei Deputati.

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FONDI PENSIONE

Alla fine del 2024, le forme pensionistiche operanti in Italia sono 291: 33 fondi negoziali, 38 fondi aperti, 69 piani individuali pensionistici (PIP) e 151 fondi pensione preesistenti. Il numero continua a diminuire, rispetto al 1999 si è più che dimezzato, soprattutto per la riduzione dei fondi preesistenti, scesi da 618 a 151 unità. Il sistema della previdenza complementare continua a consolidarsi: la dimensione media dei fondi aumenta oltre la crescita generata dall’afflusso di iscritti e contributi.

Gli iscritti e loro caratteristiche sociodemografiche

A fine 2024, gli iscritti alla previdenza complementare sfiorano i 10 milioni (+4% rispetto al 2023); in percentuale delle forze di lavoro, gli iscritti sono pari al 38,3%. I fondi negoziali e i fondi aperti registrano tassi di crescita superiori alla media. I fondi negoziali contano 4,1 milioni di iscritti (+5,5% rispetto al 2023); gli iscritti ai fondi aperti superano i 2 milioni (+7%). I PIP “nuovi” sono 3,7 milioni di iscritti (+2,5%) mentre i fondi pensione preesistenti registrano 661mila aderenti. Si conferma la presenza di un gender gap. Gli uomini rappresentano il 61,6% degli iscritti alla previdenza complementare, mentre le donne formano il restante 38,4%. In base all’età, gli iscritti risultano concentrati nelle classi intermedie e più prossime al pensionamento. Il peso dellacomponente più giovane (fino a 34 anni) è tuttavia salita dal 17,6% del 2019 al 19,9% del 2024. Rispetto alle forze di lavoro, la partecipazione alla previdenza complementare cresce all’aumentare dell’età; tra i 15 e i 34 anni è più bassa della media generale, 29,9%, ma comunque in crescita di 8,4 punti percentuali rispetto a cinque anni prima. Quanto all’area geografica, il tasso di partecipazione supera la media nazionale nelle regioni settentrionali, dove si concentrano il 57,2 per cento degli iscritti; valori più bassi e decisamente inferiori alla media si registrano in gran parte delle regioni meridionali.

Risorse, contributi e prestazioni

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Alla fine del 2024, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari si attestano a 243,4 miliardi di euro (+8,5% rispetto al 2023) soprattutto per la dinamica positiva dei mercati finanziari. Le risorse accumulate sono pari all’11,1 % del PIL e al 4% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. I contributi incassati nell’anno sono pari a 20,5 miliardi di euro (+7% rispetto al 2023), in crescita in tutte le forme pensionistiche complementari: nei fondi negoziali sono stati raccolti 7,1 miliardi di euro (+9%); nei fondi aperti 3,3 miliardi di euro (+6,8%), nei PIP nuovi 5,3 miliardi di euro (+4,7%); nei fondi preesistenti sono confluiti 4,6 miliardi di euro (+7,4%). Sulle posizioni dei lavoratori dipendenti sono stati versati 17 miliardi di euro di contributi, in crescita di 1,3 miliardirispetto al 2023. Di questi, 8,6 miliardi di euro riguardano quote di TFR; 5,3 miliardi di euro sono contributi a carico dei lavoratori e 3,1 miliardi di euro contributi dei datori di lavoro. Per i lavoratori autonomi sono confluiti versamenti per 1,7 miliardi di euro, stabili rispetto al 2023. Gli iscritti versanti nel 2024, escludendo dal computo i PIP “vecchi”, sono 7 milioni, il 72,3% del totale. La contribuzione media di tali iscritti è di 2.890 euro; è più alta per i lavoratori dipendenti (2.990 euro), che possono beneficiare anche dei flussi di TFR, rispetto ai lavoratori autonomi (2.720 euro). Il gender gap si conferma anche guardando all’importo della contribuzione versata. I contributi medi degli uominisuperano di circa un quinto quelli delle donne (3.080 contro 2.590 euro); il divario tende ad allargarsi al crescere dell’età. Nelle regioni del Nord e in alcune del Centro le contribuzioni medie sono più elevate, con punte che sfiorano i 3.600 euro, il doppio rispetto a molte regioni del Mezzogiorno. Gli iscritti non versanti, pari a circa 2,7 milioni, sono più frequentemente presenti nelle forme di mercato e tra i lavoratori autonomi. Nel 2024 le uscite per la gestione previdenziale ammontano complessivamente a 13,2 miliardi di euro. Le prestazioni pensionistiche sono state erogate in capitale per 5,2 miliardi di euro e in rendita per 361 milioni di euro. I riscatti sono stati pari a 2,1 miliardi di euro e le anticipazioni a 2,7 miliardi di euro. Nell’anno sono stati pagati circa 2,4 miliardi di euro di rendite integrative temporanee anticipate (RITA), per lo più dai fondi pensione preesistenti.

L’allocazione degli investimenti

Gli investimenti dei fondi pensione (escluse le riserve matematiche presso imprese di assicurazione e i fondi pensione interni a enti e società) sono prevalentemente allocati, per il 55,5% del totale, in obbligazioni governative (il 14,2% sono titoli del debito pubblico italiano) e altri titoli di debito. I titoli di capitale sono pari al 22,7% del totale mentre le quote di OICR sono il 16,2%. I depositi si attestano al 3,7%. Gli investimenti dei fondi pensione nell’economia italiana (titoli di Stato, titoli emessi da soggetti residenti in Italia e immobili) sono 40,1 miliardi di euro, pari al 19,3% del totale. Gli impieghi in titoli di debito e di capitale di impresedomestiche, pari rispettivamente a 3 e 2 miliardi di euro, rimangono stabili rispetto al 2023 (2,4% delle attività), gli investimenti domestici detenuti attraverso quote di OICVM si attestano a 2 miliardi di euro. Nonostante la marcata diversificazione internazionale che caratterizza le politiche di investimento delle forme pensionistiche, il settore mostra una crescente attenzione alle opportunità di impiego offerte dal sistema Paese. Un numero sempre maggiore di fondi pensione, in particolare quelli negoziali, sta ampliando i propri portafogli attraverso l’inclusione di strumenti finanziari non quotati e fondi cosiddetti alternativi – come quelli di private equity, private debt e infrastrutturali – spesso partecipando a iniziative di investimento congiunte. Si tratta di strumenti che possono contribuire alla diversificazione degli investimenti e rappresentano un canale concreto di sostegno all’attività produttiva delle imprese italiane.

I rendimenti e i costi

Nel 2024 i mercati finanziari hanno mostrato una dinamica positiva, sostenuti dal progressivo calo dell’inflazione e dal graduale allentamento delle politiche monetarie da parte delle principali banche centrali. Questo andamento si è confermato pur in un contesto caratterizzato da persistenti tensioni geopolitiche e da un clima di crescente incertezza sul fronte del commercio internazionale. I rendimenti, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, sono stati positivi per tutte le tipologie di comparto delle forme pensionistiche complementari, con risultati particolarmente favorevoli per le linee di investimento a maggiore contenuto azionario I comparti azionari hanno realizzato le performance più elevate, con rendimenti medi pari al 10,4% nei fondi negoziali e nei fondi aperti e al 12,9% nei PIP. Anche le linee bilanciate hanno ottenuto risultati positivi, con rendimenti medi del 6,4% nei fondi negoziali, del 6,6% nei fondi aperti e del 7% nei PIP. Performance più contenute, ma comunque positive, sono state rilevate per le linee obbligazionarie. Su un periodo di osservazione decennale (dal 2015 a fine 2024), i rendimenti medi annui composti delle linee a maggiore contenuto azionario si collocano, per tutte le tipologie di forme pensionistiche, tra il 4,4 e il 4,7%, superiori al rendimento medio delle altre linee di investimento e anche al tasso di rivalutazione del TFR (pari al 2,4% medio annuo nel decennio). Le linee azionarie, tuttavia, continuano a essere scelte da una quota ancora minoritaria di iscritti, pari all’11,7% del totale. Alle differenze di rendimento tra le forme pensionistiche contribuiscono, oltre all’asset allocation adottata, anche i divari nei livelli di costo. Per i fondi pensione negoziali, su un orizzonte temporale di dieci anni, l’Indicatore Sintetico dei Costi (ISC) è pari allo 0,49%; per i fondi pensione aperti, esso è dell’1,35% e per i PIP del 2,17%. Per le forme negoziali, il livello piùcontenuto dei costi dipende anche dalla dimensione dei fondi per effetto delle economie di scala generate dallaripartizione degli oneri amministrativi. Per le forme di mercato, invece, incide presumibilmente la remunerazione delle reti di vendita.

L’attività di vigilanza

Nel 2024 gli interventi di vigilanza complessivamente realizzati sono stati circa 260, poco più di un terzo ha riguardato gli assetti ordinamentali e un altro terzo i profili di trasparenza. Si sono inoltre tenuti circa 90 incontri con i soggetti vigilati; altre attività hanno riguardato le risposte a quesiti presentate dai fondi e riscontri forniti agli iscritti, a seguito della trattazione di esposti. Nell’anno sono state condotte verifiche ispettive nei confronti di 21 forme pensionistiche complementari. Le verifiche in materia di trasparenza, rivolte a tutte le tipologie di fondi, hanno riguardato la correttezza delle informazioni contenute nei documenti informativi e nell’area pubblica dei siti web, specie con riferimento alle modalità di rappresentazione dei rendimenti e dei costi. È stata avviata l’analisi sulle aree riservate dei siti web. È stato dato impulso alle verifiche riguardanti l’informativa, in materia di sostenibilità. La rilevazione campionaria sulle opzioni di investimento offerte dai fondi pensione e orientate ai fattori di sostenibilità ESG (Environmental, Social,Governance) rileva che circa un quarto delle forme pensionistiche adotta politiche di investimento che promuovono fattori di sostenibilità nei processi di investimento. I controlli sotto il profilo finanziario hanno riguardato in particolare i processi e i presìdi di controllo messi in atto dai fondi pensione al fine di garantire l’adeguata gestione dei rischi finanziari, nel più articolato quadro di riferimento delineato dalla Direttiva IORP II. È continuata l’attività di monitoraggio dei fondi pensione preesistenti esposti a rischi biometrici e quella svolta in riferimento alle operazioni di razionalizzazione, concentrazione e liquidazione delle forme pensionistiche complementari; operazioni che continuano a interessare soprattutto i fondi pensione preesistenti operanti in gruppi bancari e assicurativi.

CASSE DI PREVIDENZA

Alla fine del 2024, le attività complessivamente detenute dalle casse di previdenza ammontano, a valori di mercato, a 124,7 miliardi di euro, contro i 114 miliardi dell’anno precedente; a determinare la variazione ha contribuito soprattutto l’andamento positivo dei mercati finanziari e in particolare di quelli azionari. Tenendo conto anche delle componenti obbligazionaria e azionaria sottostanti gli OICVM detenuti, la quota più rilevante delle attività è costituita da titoli di debito, pari a 47,5 miliardi di euro, corrispondenti al 38,1% del totale. Gli investimenti in titoli di capitale sono pari a 24,3 miliardi di euro, il 19,5% del totale. Gli investimenti immobiliari (cespiti di proprietà, fondi immobiliari e partecipazioni in società immobiliari controllate) si attestano nel complesso a 19,7 miliardi di euro, pari al 15,8% del totale. Gli investimenti nell’economia italiana (titoli di Stato, titoli emessi da soggetti residenti in Italia e immobili) ammontano a 46,5 miliardi di euro, pari al 37,3% delle attività totali. La componente immobiliare rimane predominante (17,1 miliardi di euro, pari al 13,7% del totale dell’attivo); seguono i titoli di Stato (15,5 miliardi, pari al 12,4% dell’attivo). Gli investimenti in titoli emessi da imprese italiane, pari a 9,6 miliardi di euro, restano sostanzialmente stabili rispetto al 2023 (7,7% delle attività); di questi, circa 852 milioni sono titoli di debito e 8,7 miliardi titoli di capitale (che comprendono 1,9 miliardi di quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia).

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LE PROSPETTIVE EVOLUTIVE

Nel 2024 il settore della previdenza complementare ha realizzato un risultato complessivo positivo, con un incremento del numero degli iscritti e una crescita sostenuta del valore delle risorse in gestione. Nel lungo periodo, il settore conferma solidità e affidabilità. La partecipazione alla previdenza complementare risulta ancora caratterizzata da un netto dualismo, con una prevalenza di adesioni dei lavoratori occupati nelle regioni settentrionali o centrali, di genere maschile e di età matura, mentre risulta più ridotta l’adesione delle fasce più deboli di lavoratori più giovani, di genere femminile e residenti nelle aree meridionali. Per il rilancio della previdenza complementare, è in primo luogo importante un’ampia ed efficace campagna diinformazione, che accresca l’interesse al tema e con ciò la curiosità e la conoscenza.

Vanno visti positivamente – si legge nella relazione – anche meccanismi che rendano più automatica la partecipazione, come il silenzio-assenso o l’iscrizione automatica con possibilità di ripensamento. Va però ripensata la linea di default, cioè quella verso la quale sono indirizzati i soggetti silenti, e che attualmente è una linea garantita, a favore di soluzioni più adeguate alle diverse esigenze e caratteristiche di ciascuno. La linea garantita, infatti, è caratterizzata da una componente azionaria quasi nulla, che la rende meno adatta a obiettivi di medio-lungo periodo, mentre i dati degli ultimi dieci anni mostrano come le linee con maggiore contenuto azionario offrano rendimenti medi annui più elevati. Un approccio più efficace potrebbe essere l’adozione di un modello “life-cycle”, che assegna dinamicamente l’iscritto, tempo per tempo, a comparti con diversi profili di rischio con l’obiettivo di ottimizzare il rapporto rischio-rendimento tenendo conto delle diverse fasi del ciclo di vita.

Nella fase di erogazione delle prestazioni, è netta la preferenza degli iscritti per le prestazioni in capitale rispetto alla rendita vitalizia. Le opzioni possibili al momento del pensionamento andrebbero ampliate e rese più flessibili, prevedendo anche la possibilità di una rendita temporanea, erogata direttamente dal fondo per una durata almeno pari alla vita media attesa, o prelievi parziali, anche liberamente determinabili entro una soglia annua. Queste soluzioni consentirebbero anche di continuare a beneficiare dei rendimenti della gestione presso il fondo.

Anche interventi di natura fiscale potrebbero rappresentare una leva importante per incentivare le adesioni,soprattutto per le fasce di lavoratori meno abbienti, più bisognose di tutela in vecchiaia. Un primo intervento potrebbe riguardare la possibilità di trasformare la deducibilità dei contributi iniziali in un bonus di ingresso nei primi anni di adesione.

Un bonus di ingresso alla nascita di un figlio costituirebbe un incentivo all’iscrizione dei minori a forme di previdenza complementare, ancor più utile se si consentisse l’utilizzo delle somme accumulate anche per sostenere il percorso di studi. Sarebbe altresì una importante forma di educazione finanziaria e previdenziale nella famiglia.

Un importante passo per accrescere ulteriormente la fiducia nel sistema previdenziale sarebbe l’istituzione di un arbitro previdenziale. La COVIP non ha il potere di dirimere eventuali liti tra le forme pensionistiche complementari e le casse previdenziali e i singoli iscritti, pensionati e beneficiari, né tra gli iscritti e i datori di lavoro tenuti al versamento dei contributi previdenziali. L’istituzione di un arbitro consentirebbe a iscritti, pensionati e beneficiari di ottenere una decisione sulla controversia in tempi rapidi, senza i costi derivanti dall’assistenza legale.

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Per le casse di previdenza si dovrebbe semplificare e razionalizzare il sistema dei controlli, oggi molto complesso e frammentato, anche valutando di rafforzare i poteri della COVIP.

Un diverso ordine di osservazioni attiene all’utilità di considerare il sistema della previdenza complementare come una componente di un più ampio e moderno modello di welfare integrato. In tale più avanzato modello, alla previdenza potrebbe validamente affiancarsi la sanità integrativa, verso la quale le persone mostrano crescente attenzione. Per i fondi pensione e per i fondi sanitari che nascono dalla contrattazione collettiva, l’integrazione delle forme di welfare consentirebbe una migliore distribuzione delle risorse messe a disposizione dal mondo produttivo e una razionalizzazione nelle prestazioni erogate.

A ciò è essenziale una riorganizzazione del sistema dei controlli, in grado di assicurare una gestione sana e prudente e adeguati standard di correttezza e trasparenza, in analogia a quanto oggi avviene per la previdenza complementare.

A fronte di un ampliamento nel tempo, e in un contesto sempre più complesso, delle funzioni della COVIP, le risorse economiche e umane disponibili – conclude la relazione – non hanno subito significativi adeguamenti. La presenza di un vincolo normativo che limita il trattamento economico del personale della COVIP rende peraltro difficile il reperimento di nuove professionalità. È necessario un rafforzamento dell’Autorità, assicurando una struttura sempre più qualificata, organizzata e motivata, che possa continuare a garantire un’azione di vigilanza all’altezza delle aspettative.



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