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Collaborazione invece di competizione: la nuova frontiera per superare la stagionalità nel settore costruzioni


Il settore delle costruzioni in Italia affronta una sfida strutturale che ne limita la competitività: la frammentazione delle imprese e la loro difficoltà a gestire la naturale ciclicità dei cantieri. Con una media di soli 2,7 dipendenti per azienda – la più bassa tra i principali paesi europei – le imprese edili italiane si trovano costantemente in bilico tra periodi di sovraccarico di lavoro e fasi di inattività, un problema che diventa ancora più evidente quando arrivano grandi commesse.

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La natura temporanea dei cantieri, che hanno un inizio e una fine ben definiti, crea un paradosso: le aziende non possono permettersi di mantenere organici ampi e stabili, ma allo stesso tempo devono essere pronte a rispondere rapidamente quando arrivano nuovi progetti. Questa discontinuità rappresenta uno dei principali ostacoli alla crescita del settore.
“Il problema fondamentale è che i cantieri non sono una produzione industriale continua”, spiega Nicola Nocera, esperto del settore con una lunga esperienza nella certificazione e formazione per le imprese edili. “Quando un cantiere finisce, è finito. L’azienda deve trovarne un altro, e questo crea inevitabilmente dei periodi di vuoto che mettono a rischio la sostenibilità economica, soprattutto per le piccole realtà”.

I dati confermano questa frammentazione: mentre in Spagna la media è di 3,5 dipendenti per impresa edile, in Italia scendiamo a 2,7, creando un tessuto imprenditoriale fatto di microrealtà che faticano a gestire progetti di grande portata. Nonostante ciò, il settore impiega complessivamente 1,7 milioni di unità di lavoro annue, a dimostrazione della sua rilevanza nell’economia nazionale. “Ho notato, lavorando con numerose aziende del settore, che esiste un problema di flessibilità strutturale“, continua Nocera. “Le imprese non possono essere a fisarmonica: non possono assumere decine di persone per un cantiere e poi trovarsi con personale in esubero quando questo termina. Eppure, per competere efficacemente, avrebbero bisogno proprio di questa elasticità”.

La soluzione, secondo l’esperto, potrebbe risiedere in un approccio collaborativo piuttosto che competitivo: “Se il macro mercato dell’edilizia ragionasse con un rapporto più collaborativo tra imprese, si potrebbe creare maggiore flessibilità nella gestione e più possibilità di dare continuità lavorativa”. In pratica, quando un’azienda ha un picco di lavoro mentre un’altra attraversa un periodo di stasi, una collaborazione strutturata permetterebbe di livellare queste oscillazioni, a beneficio di entrambe.

Questa visione si inserisce in un contesto in cui il 59% degli occupati nel settore delle costruzioni è impiegato nei lavori di costruzione specializzati, mentre il 35% è coinvolto nella costruzione di edifici. La specializzazione è un altro fattore chiave: “In edilizia c’è un tema di specializzazione importante”; sottolinea Nocera. “Non puoi avere in una squadra tutte le figure specialistiche necessarie, quindi la collaborazione diventa essenziale”.

Un segnale positivo arriva dai dati sulla produttività del settore, che nel 2022 è cresciuta più degli altri settori economici, invertendo una dinamica di lungo periodo. Questo potrebbe indicare che il settore sta già evolvendo verso modelli organizzativi più efficienti. “Le aziende con cui lavoro, specialmente nel Nord Italia, hanno sempre problemi legati ai tempi stretti delle commesse”, osserva Nocera. “Per quanto possano essere grandi, i tempi di realizzazione sono spesso brevissimi e devono necessariamente collaborare con altri. Creare una rete di collaborazione strutturata permetterebbe anche di accorciare i tempi burocratici”.

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La transizione energetica rappresenta un’ulteriore opportunità per il settore. “Il settore delle rinnovabili oggi non è più drogato dagli incentivi come in passato”, afferma Nocera. “Si fa impiantistica veramente per produrre energia, perché i costi dei pannelli sono calati. È diventato un comparto più armonioso e fluido, dove chi entra può rimanerci stabilmente”.
La sfida per il futuro del settore edile italiano sembra quindi essere quella di superare la frammentazione attraverso modelli di business più collaborativi, che permettano alle piccole imprese di mantenere la propria identità ma di operare con la flessibilità e la capacità di risposta di strutture più grandi. Solo così potranno affrontare efficacemente la naturale ciclicità dei cantieri senza comprometterne la sostenibilità economica.

“Il futuro dell’edilizia passa attraverso la capacità di fare rete“, conclude Nocera. “Non si tratta di fusioni o acquisizioni, ma di creare ecosistemi collaborativi dove le competenze di ciascuno possano essere valorizzate e messe a sistema quando servono, per poi tornare alla propria dimensione quando il picco di lavoro è passato”.



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