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Su 500 dirigenti umbri appena 8 gli under 35: giovani manager costretti a scappare. Squilibrio generazionale e carenza di ricambio rendono fragile la Regione


Su 500 dirigenti umbri, appena otto sono gli under 35: emerge dal primo rapporto sulla figura dirigenziale in Umbria, realizzato dall’Agenzia Umbria ricerche (Aur), che Federmanager Perugia ha presentato in occasione degli 80 anni della federazione. Un’analisi sviluppata su dati Inps 2023. La ricerca curata da Elisabetta Tondini, responsabile dell’area di ricerca “Processi e trasformazioni economiche e sociali” di Aur, è stata presentata a Villa Buitoni a Perugia. Secondo i dati presentati, in Umbria c’è un dirigente ogni 200 dipendenti, contro 1 a 70 dell’Emilia Romagna e 1 a 40 della Lombardia. A colpire di più è la quasi totale assenza di giovani manager: neppure una decina sotto i 35 anni su oltre 500 dirigenti attivi. Il fenomeno, secondo il presidente di Federmanager Perugia, Alessandro Castagnino, “sta creando un sistema bloccato, in cui i rientri dall’estero o da altre regioni si fanno sempre più rari, anche a causa della ritrosia culturale delle Pmi umbre nell’investire in managerialità, spesso vista come un costo, più che come leva strategica per la crescita”. Il risultato di tutto questo, è un appiattimento degli organigrammi, con figure ibride e sottopagate che svolgono mansioni dirigenziali senza riconoscimento formale, disincentivando il merito e allontanando i giovani pkiù ambiziosi. Da qui l’appello di Federmanager Perugia a costruire un’alleanza  tra istituzioni, imprese e sistema formativo. “Ci rivolgiamo in primis a Confindustria, con la quale condividiamo strumenti che possono essere utilizzati da subito, quali la Fondazione Taliercio e 4Manager. Così come alla Regione chiediamo di dedicare una parte dei fondi strutturali destinati al temo dello sviluppo della managerialità nelle Pmi e nelle Midcap ed infine all’Università per essere ancora più sensibile e tempestiva nell’approntare piani di studi aderenti alla domanda ed ai cambi continui dei modelli organizzativi e produttivi” ha sottolineato Castagnino. “Migrare dall’Umbria deve tornare a essere un’opportunità, non una costrizione. E il rientro, una possibilità reale” ha concluso. La dottoressa Tondini ha messo in luce che “in Umbria, i giovani under 35 occupano pochissime posizioni apicali nel settore privato: solo il 2% tra i quadri e l’ 1,3%tra i dirigenti, valori ben inferiori alla media nazionale e soprattutto del Nord. Al contrario c’è un’alta presenza di over 54, che superano il 42% tra i quadri e il 48% tra i dirigenti, evidenziando un forte squilibrio generazionale e una carenza di ricambio. Le retribuzioni mostrano un doppio divario, generazionale e territoriale: un giovane quadro umbro guadagna oltre il 26% in meno rispetto ai colleghi più anziani e ai coetanei di altre regioni; il gap con il Nord tocca il 29%. In Umbria le posizioni apicali sono concentrate in comparti tradizionali (manifattura, commercio, trasporti), mentre risultano deboli nei settori innovativi ed alta conoscenza. L’Umbria, pertanto, presenta un contesto strutturalmente fragile su più fronti: demografico, retributivo e settoriale.

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