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ne parlavamo con noia, ora invece con paura


Non sapevamo più che farcene di quest’Europa, tanto poco l’avvertivamo come necessaria, che si andava in giro a Bruxelles a scrocco dei parlamentari con la scusa di studiare la politica di coesione, il funzionamento del Parlamento e poi ci si ritrovava a sgusciare ostriche del mare del Nord. Anche le elezioni, vi ricordate? Piazzavano lì quelli che non riuscivano a sistemare al Parlamento italiano. E anche le redazioni dei giornali. Il candidato alle europee era una noia mortale intervistarlo, perché non sapevi esattamente cosa chiedergli, e finiva che le paginate si affidavano ai collaboratori, poveretti, costretti a studiare almeno i concetti chiave della politica europea.
Oggi invece si fanno i conti. Nella catastrofe della crisi bellica, per la prima volta si fanno i conti su quello che potremmo perdere, in termini di risorse di coesione, che andrebbero – in realtà già in parte sono andati – alla politica che chiamano di difesa. Si scrive difesa si legge riarmo.
È sempre così quando ti abitui a una spesa di default, non ti rendi conto da dove viene, quando non ce l’hai più all’improvviso ti rendi conto di quello che stai perdendo.
Ci pensavo leggendo la bella rubrica su Threads “Calabring”, di Elania Zito, calabrese di Palmi, community manager e digitaleu ambassador. Vive a bruxelles. Si racconta lei stessa così, “racconto l’Europa fuori dalla bolla”. Qualche post fa, Elania, con una bella tecnica divulgativa che mette insieme Europa e Calabria, scriveva: “Prendo spesso il treno per lavoro ma quando lo prendo per scendere giù in Calabria mi vengono in mente gli anni dell’Università quando finita l’estate per rientrare impiegavo 8, 10 ore. Quattordici anni dopo impiego esattamente la metà e torno più spesso. Quattordici anni dopo grazie alla politica di coesione sono più vicina alla Calabria grazie ai fondi di coesione che servono a ridurre il divario tra le regioni e supportare i paesi membri nello sviluppo”.
Mai come adesso l’Europa è centrale nella discussione pubblica internazionale per il suo patrimonio di valori soggetto a continue insidie, per l’improvvisa virata delle politiche di difesa comune sopraggiunte all’indomani dei mutati scenari americani e mondiali. Vedremo che cosa significa e che cosa succederà. Abbiamo più che mai bisogno della politica di coesione che ha avuto un ruolo centrale nelle risposte alle crisi che hanno colpito Europa, le crisi economiche susseguitisi dal 2008 in poi, la crisi pandemica, la guerra e la crisi energetica. Ma proprio questi eventi straordinari, per lo sforzo di rispondere alle contingenze, hanno messo in discussione il contributo delle politiche di coesione alle sfide strutturali e socioeconomiche di lungo termine. Il COVID-19, le guerre e una miriade di altri conflitti hanno determinato uno “shock di globalizzazione” dalle profonde implicazioni per le economie globali ed europee.
Se vogliamo sapere qual è stato l’impatto delle politiche di coesione sullo sviluppo delle regioni europee si può consultare un working paper della Fondazione dell’Anci che sottolinea che lo storico allargamento dell’UE del 2004 è un chiaro esempio dell’impatto positivo della politica di coesione. Vent’anni dopo, il PIL medio pro capite negli Stati membri che hanno aderito all’UE è passato da circa.
I principali beneficiari delle politiche di coesione risultano essere le imprese, a seguire i comuni: la ricerca e l’innovazione, le reti e i servizi culturali, la competitività delle imprese, l’energia e l’ambiente, i trasporti e la mobilità, l’occupazione e il lavoro, l’inclusione sociale e la salute, l’istruzione e la formazione, la rigenerazione delle città, gli interventi nelle aree interne e la capacità amministrativa della PA: non c’è settore della vita associata che non sia stata interessata da investimenti delle politiche di coesione. Lo sviluppo, in verità, per l’allargamento dell’Europa, negli ultimi anni è stato più intenso da Ovest a Est, che da Nord a Sud. No è un motivo per non insistere nel monitoraggio degli obiettivi della politica di coesione. Ma siamo sull’orlo di una guerra. I soldi servono altrove. Sono sicura che oggi avrei molte domande da fare ai parlamentari europei. (redazione@corrierecal.it)

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