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La Corte dei Conti conferma: il Superbonus è stato un disastro










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Il disastro del Superbonus 110% rappresenta una delle più gravi ferite inflitte alla finanza pubblica italiana negli ultimi decenni. Si è trattato di una misura nata sotto l’egida del Movimento 5 Stelle e del governo Conte con l’intento dichiarato di rilanciare l’economia post-Covid, ma che nella realtà si è trasformata in una bomba ad orologeria per i conti dello Stato.


I dati ufficiali comunicati ieri dalla Corte dei Conti, in base alle rilevazioni Enea aggiornate al 31 maggio, parlano chiaro: lo Stato dovrà farsi carico di 126,3 miliardi di euro solo per i lavori già conclusi, cifra destinata a salire fino a 150 miliardi considerando le proiezioni finali e i cantieri ancora in corso. Una voragine finanziaria che, invece di generare sviluppo e crescita, ha finito per aggravare il debito pubblico italiano, salito al 135,3% del PIL, costringendo i governi successivi a misure restrittive, nuove tasse e tagli per cercare di arginare il dissesto creato.


Nel frattempo, il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, invece di fare autocritica per quella che è stata una scelta politica fallimentare, si scaglia contro il governo Meloni per l’accordo NATO che prevede un progressivo aumento delle spese militari fino al 5% del PIL, parlando di “nuovi debiti” e “nuovi tagli”. Sono sicuramente discutibili le spese militari avallate dal nostro Governo, ma rimane il fatto che il debito più pesante, quello che grava già oggi sulle spalle degli italiani, è stato creato proprio dal Superbonus promosso e difeso da Conte, un regalo elettorale mascherato da misura di rilancio economico che ha favorito principalmente i proprietari di ville, villette e immobili di pregio, a spese della collettività, compresi quei cittadini che una casa non ce l’hanno nemmeno.

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Dei 500.061 immobili coinvolti nel Superbonus, 245.068 sono abitazioni unifamiliari e 137.600 condomini, ma ci sono persino cinque edifici classificati come castelli o palazzi di valore storico (categoria A/9), a testimonianza di quanto la misura abbia avvantaggiato anche fasce già abbienti della popolazione.


Secondo il deputato di Fratelli d’Italia Francesco Filini, «i dati Enea certificano il disastro targato Giuseppe Conte, mister gratuitamente, sul Superbonus», mentre la sua collega Mariangela Matera sottolinea che «il Superbonus del 110% è stato la rovina per le finanze dello Stato, senza alcun beneficio nel lungo termine, senza un vero moltiplicatore di PIL, ma una bolla finanziaria che ha drogato il settore edilizio». Infatti, secondo lo studio del Tesoro, tra il 2020 e il 2023 la spesa pubblica totale legata al Superbonus e ad altri bonus edilizi ha raggiunto i 186 miliardi di euro, a fronte di investimenti reali per 116 miliardi, ovvero una perdita secca di 70 miliardi di euro considerata “spesa morta”, poiché si tratta di interventi che sarebbero stati comunque effettuati anche senza incentivi.


Uno spreco colossale certificato anche da Bankitalia e dall’Ufficio parlamentare di bilancio, che stimano questo “peso morto” rispettivamente al 27% e al 33%. Le stime più pessimistiche parlano di 1 euro su 2,5 gettato al vento. La narrazione grillina che voleva il Superbonus come volano per l’occupazione e la transizione ecologica viene dunque smentita dai numeri. La crescita dei costi di costruzione, aumentati di oltre il 40%, ha generato effetti negativi anche sugli appalti pubblici, resi più difficili e costosi, mentre i presunti benefici ambientali richiederanno quasi 40 anni per compensare i costi sostenuti, secondo la Cgia di Mestre.


In termini occupazionali, i 429mila posti di lavoro creati sono stati in gran parte precari, concentrati in un settore a bassa produttività, con alto tasso di lavoro irregolare e scarsa innovazione tecnologica, secondo Prometeia. Il blocco della cessione dei crediti, introdotto per arginare le frodi e le truffe, ha poi paralizzato migliaia di imprese, molte delle quali sono fallite o hanno sospeso i cantieri per mancanza di liquidità.

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L’intero sistema si è retto su una struttura sbilanciata e pericolosamente esposta: nessun tetto di spesa, nessun limite ISEE, nessuna valutazione preventiva sull’effettiva necessità o sostenibilità degli interventi. Tutto ciò ha portato a una corsa indiscriminata agli incentivi, con lavori realizzati spesso in tempi record, con manodopera improvvisata, subappalti a cascata e un’impennata degli infortuni nei cantieri. Quando arriveranno i controlli della Guardia di Finanza sulla congruità tra le somme spese e le reali migliorie apportate, il quadro potrebbe essere ancor più drammatico.


Secondo lo studio del Ministero dell’Economia e delle Finanze a firma di Carlo Cignarella e Paolo D’Imperio, nessun altro Paese europeo ha adottato misure così generose e prive di controlli: nei nove Paesi confrontati (Francia, Germania, Spagna, Austria, Finlandia, Olanda, Grecia, Portogallo e UK), gli incentivi edilizi sono stati modulati, condizionati a requisiti stringenti e accompagnati da tetti di spesa e limiti ISEE. In Italia invece si è creato un gigantesco buco nero che ha risucchiato ogni margine di manovra fiscale, mettendo a repentaglio la stabilità finanziaria del Paese. E mentre l’Europa chiede rigore, mentre l’Italia si appresta a varare una nuova legge di bilancio, le risorse bruciate per finanziare il Superbonus mancheranno per scuola, sanità, sicurezza e investimenti produttivi.


A ciò si aggiungono le responsabilità politiche di chi ha promosso e difeso questa misura, senza mai fare autocritica. La narrazione secondo cui il Superbonus sarebbe stato una leva di crescita viene così definitivamente archiviata come una delle più grandi mistificazioni della recente storia repubblicana. Una misura nata per rilanciare l’economia ma che, invece, l’ha profondamente affossata. Ora lo dicono anche i giudici contabili.


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