Gamberini (Legacoop): «Sostenibilità, semplificare le norme, non svuotarle»

La voce del mondo cooperativo non è certo tra quelle assenti sul fronte della sostenibilità. E delle regole europee che l’hanno prima rilanciata, attraverso le direttive sulla rendicontazione (Csrd) e sulla dovuta diligenza (Csddd). Salvo poi modificarla al ribasso sul finire della scorsa legislatura e, in modo sistematico, con il decreto Omnibus firmato dalla Ursula II. Intervenuto di recente anche sul tema dei dazi, proviamo a capire il momento con Simone Gamberini, presidente Legacoop.

Presidente, l’Europa deve andare avanti sulla sostenibilità?

Abbiamo più volte sottolineato come la direttiva Ue sul dovere di responsabilità delle imprese ai fini della sostenibilità, che riteniamo un driver per la crescita della competitività, rappresenti un importante passo in avanti per affermare in modo concreto il rispetto, da parte delle grandi imprese, dei principi di responsabilità sociale verso la sostenibilità. Una valutazione coerente con l’identità e la missione delle cooperative che – in quanto imprese democratiche e partecipate che si impegnano per un’equa distribuzione della ricchezza prodotta, la qualità del lavoro e dell’ambiente, la cura delle persone e del territorio – operano per costruire un modello di sviluppo più sostenibile e inclusivo.

A questo servivano le direttive Csrd e Csddd…

Infatti, allo stesso tempo, abbiamo detto che per renderne effettiva ed efficace l’applicazione era necessario definire un impianto normativo funzionale a esprimere la potenzialità positiva del provvedimento e, al contempo, coerente con le esigenze delle imprese. In particolare, quelle di piccola e media dimensione, che rivestono un ruolo centrale nell’economia europea e svolgono, quindi, un ruolo importante per una transizione ecologica equa e inclusiva.

Queste ultime, infatti, senza un quadro normativo armonizzato e proporzionale non sarebbero in grado, sotto il profilo della disponibilità di risorse economiche e tecniche, di rispettare i criteri standardizzati di rendicontazione richiesti dal sistema finanziario e dalle grandi imprese con le quali operano in filiera. Con la conseguenza di dover ridefinire i processi produttivi e di prestazione di servizi e di rivedere gli assetti organizzativi.

Come si risolve il problema?

Non certo prevedendo esenzioni o riduzioni degli obblighi per le imprese sotto una determinata soglia di valore della produzione e di occupati. Ma delineando un quadro normativo chiaro, certo e coerente che punti a semplificare le regole senza indebolirne la portata complessiva. A questo andrebbero affiancati adeguati interventi di capacity building, che dovrebbero vedere protagoniste le istituzioni competenti e le grandi imprese. Per accompagnare le Pmi nell’acquisizione delle competenze necessarie per fare fronte alle prescrizioni previste nella Csddd e, più in generale, in tutto il pacchetto Omnibus 1.

Occorre intervenire anche sul versante finanziario?

In più parti. A cominciare da supporti finanziari mirati per la costruzione di processi di rendicontazione e allo sviluppo di piattaforme digitali e di modelli standardizzati per la raccolta di dati. Ugualmente importante sarebbe l’introduzione di incentivi finanziari o miglioramenti del merito creditizio condizionati all’adozione di transition plan credibili o alla pubblicazione di rendicontazioni Esg specifici per le Pmi. Così come l’introduzione di meccanismi di premialità nei sistemi di procurement e di valutazione delle performance Esg.

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Foto in apertura, Chuttersnap da Unsplash