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Dalla Gran Bretagna una strategia di politica industriale


In un contesto globale di policy sempre più interessato ai temi industriali, giunge in questi giorni la strategia promossa dal governo britannico: un documento che “segna un momento importante per l’economia britannica”, come ha scritto nel suo editoriale il Financial Times, commentando, ‘in chiaroscuro’, la strategia. Ed effettivamente si tratta di un atto d’interesse: sotto più profili.

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Prima di tutto perché segue un impegno ‘lungo’ del partito laburista britannico per riconquistare il sostegno del mondo della produzione. Negli anni più recenti l’attenzione al tema è stata alta: con un documento programmatico definito in vista delle elezioni (Prosperity through Partnerhip) e un’iniziativa di preparazione della strategia che ha visto un’approfondita consultazione con le parti sociali (Invest 2035). Da subito, insomma, il focus sul settore industriale nell’agenda del governo Starmer è stato deciso.

Il secondo elemento d’interesse è l’attuale posizione britannica di sostanziale ‘riavvicinamento’ all’Unione europea. Ed è quindi interessante, proprio per questo, vedere come un nostro ‘vicino’ affronti i problemi industriali del nostro tempo.

Tanto più, ed è il terzo aspetto, perché si tratta di un vicino con una lunga e consolidata storia di politica industriale, che ha conosciuto negli ultimi ottanta anni, alcuni tra i momenti di svolta piú radicali e caratterizzanti: a livello europeo, e non solo.

Queste premesse per dire dell’importanza delle prese di posizioni britanniche e dell’interesse delle 160 pagine di questo programma (a cui si aggiungono quelle degli approfondimenti settoriali) che il Primo Ministro Starmer ha presentato il 23 giugno, accompagnandolo con un articolo sul Financial Times in cui sottolineava come compito del governo fosse dare “certezza strategica” al mondo dell’impresa.

Ed effettivamente tra le moltissime proposte, ve ne sono alcune che, anche in prospettiva interna, possono essere d’interesse. Tra queste quelle relative alle scelte settoriali operate; le misure orizzontali previste; il raccordo con il territorio; la rinnovata attenzione alla ‘creatività’; la questione del “governo dell’industria”.

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Va così sottolineata, prima di tutto, la precisa ‘scelta’ settoriale del governo britannico, con l’individuazione di otto campi strategici per l’economia del Regno Unito: dalla manifattura avanzata ai servizi finanziari e professionali, dalle scienze della vita alla difesa, per arrivare ad imprese creative, cleantech e digitale. Sono questi i settori strategici per il futuro industriale britannico, quelli attorno ai quali ruotano molte delle misure proposte concrete.

Altrettanto qualificanti sono, poi, le scelte ‘orizzontali’ compiute. Da segnalare, in primo luogo, l’iniziativa relativa alla questione energetica, mirata alla riduzione dei costi per gli operatori dei settori strategici; quella sul piano delle competenze, volta ad allinearle alle esigenze dei singoli comparti produttivi e ad attrarre, attraverso l’azione di una Global Talent Taskforce, i migliori talenti mondiali verso la Gran Bretagna, con un’azione fatta di assistenza e finanziamenti. Sempre sul piano orizzontale vanno segnalate l’iniziativa di diffusione dell’intelligenza artificiale, che nelle intenzioni del governo britannico va messa a disposizione dell’intero tessuto produttivo e, allo stesso tempo, il sostegno ai grandi centri di ricerca, con una specifica Sovereign AI Unit. Va menzionato, poi, l’impegno sul piano della semplificazione (in cui si prevede una riduzione del 25% dei costi aministrativi per le imprese nell’arco di questa legislatura) e, ancora, la specifica attenzione all’accesso al credito, su cui si anticipa un rafforzamento della British Business Bank, con specifica focalizzazione sui settori strategici e sulle PMI, e, più in generale, un piú stretto raccordo e coordinamento tra i diversi attori pubblici con competenze di finanziamento dell’industria. Sempre nell’ambito delle iniziative orizzontali vanno anche ricordati il rafforzamento dell’ecosistema del venture capital e della capacitá di attrazione di investimenti esteri, con due iniziative: il programma Strategic Site Accelerator, dedicato alla realizzazione di aree industriali dedicate, e la razionalizzazione, il coordinamento e la specializzazione delle ventidue ‘Zone economiche di investimento’ attualmente esistenti.

Anche il tema territoriale merita specifico richiamo. Su questo la strategia é chiara ed esplicitamente place-based. L’idea di fondo é costruire attorno ad alcune aree geografiche britanniche ambiti di sviluppo industriale specializzati, in linea con le vocazioni produttive e di ricerca dei territori. Un obiettivo che, lo ha notato l’Economist, si distingue dalla precedente impostazione levelling up voluta dal governo Johnson e si focalizza maggiormente su città-regioni e distretti che possono beneficiare dalle politiche di concentrazione degli investimenti. Una linea di policy che inevitabilmente vede il pieno coinvolgimento delle diverse amministrazioni – quella centrale e quelle territoriali.

Tornando all’impostazione settoriale, va poi sottolineata, anche qui tenendo lo sguardo al piano interno, una specifica attenzione alle imprese creative, considerate tra gli otto settori chiave dell’economia britannica. Elemento caratterizzante della vicenda di politica industriale del Regno Unito, il settore vede oggi proposti nuovi strumenti, tra cui si segnala il Creative Places Fund, diretto alla costruzione di nuovi luoghi di creatività sull’intero territorio britannico.

Meritano particolare rilievo, infine, nell’impostazione del governo Starmer, anche i termini del partenariato che si delinea tra il governo e le imprese. Sul punto si parla di una ‘nuova relazione’: con un’amministrazione chiamata a semplificare le regole; ad utilizzare appieno ed in forma innovativa le leve della domanda pubblica; a dare un orizzonte di certezza sul lungo termine all’industria. Un’industria che, d’altra parte, é chiamata a dialogare con continuità con il governo attraverso un “Consiglio” permanente appositamente costituito e che sarà in grado di seguire i risultati dell’azione pubblica grazie ai lavori dell’Industry Strategy Council, un organismo di valutazione indipendente tenuto a pubblicare obiettivi e risultati della politica industriale britannica.

Diversi, quindi, gli spunti da un documento che segna il ritorno di un governo laburista a quello che può definirsi un suo storico ’cavallo di battaglia’ e che parla con parole ben definite: innovazione, territorio, attrattività, semplificazione, valutazione. Rimane, ma è questo il destino di ogni atto di strategia, di provarlo in fase di attuazione.



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