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Dazi Usa, cresce l’allarme tra le imprese italiane


La Banca d’Italia segnala che, nel secondo trimestre dell’anno, i giudizi delle imprese italiane sulla situazione economica generale sono “nel complesso sfavorevoli”, ma si registra un’attenuazione del pessimismo rispetto ai trimestri precedenti. In particolare, torna positivo, per la prima volta dopo tre trimestri, il saldo relativo alle aspettative sulla domanda corrente, grazie alla spinta della componente interna. Questo dato, pur fragile, suggerisce una lieve inversione di tendenza nei consumi e negli ordinativi provenienti dal mercato nazionale, mentre il fronte estero si fa sempre più complesso.

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Il timore dei dazi, freno alla ripresa di fiducia

Le imprese, specie quelle manifatturiere, vedono nei dazi imposti dagli Stati Uniti una minaccia concreta alla propria competitività e ai flussi commerciali internazionali. Le percentuali raccolte dall’indagine – 32% nel manifatturiero e 12% nei servizi – indicano una percezione diffusa e radicata, che rischia di condizionare le strategie di investimento e occupazione nel breve-medio periodo. L’industria italiana, fortemente interconnessa con le filiere europee e globali, teme effetti a catena su approvvigionamenti, esportazioni e marginalità.

Inflazione attesa stabile, ma resta l’incognita energetica

Un altro elemento emerso dalla rilevazione riguarda le aspettative di inflazione. Le imprese prevedono che l’andamento dei prezzi si manterrà relativamente stabile nei prossimi mesi, senza picchi significativi. Tuttavia, persistono timori legati al costo dell’energia e alle materie prime, settori che potrebbero risentire ancora delle tensioni geopolitiche. Il rischio è che nuove frizioni sul piano internazionale, come quelle connesse alla guerra in Ucraina o alla crisi nel Mar Rosso, possano riaccendere la pressione sui prezzi e rendere più difficile una gestione efficiente dei costi.

Investimenti in pausa, occupazione incerta



La combinazione tra timida fiducia interna e forti preoccupazioni esterne si traduce in una certa prudenza sul fronte degli investimenti. Molte imprese intervistate dichiarano di voler attendere gli sviluppi delle politiche commerciali globali prima di sbloccare nuove risorse. Sul piano occupazionale, l’indagine non evidenzia segnali chiari di crescita: la tendenza generale è quella della stabilità, con pochi settori orientati all’espansione e una maggioranza che dichiara intenzioni di mantenimento dell’attuale forza lavoro.

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Un sistema produttivo a doppia velocità



L’indagine conferma che il tessuto produttivo italiano si muove a due velocità. Da un lato ci sono le imprese orientate all’export, in particolare quelle ad alta intensità tecnologica o legate al lusso e al design, che continuano a reggere meglio l’urto delle turbolenze internazionali. Dall’altro, le PMI tradizionali, spesso meno digitalizzate e con margini più bassi, faticano ad adattarsi ai nuovi contesti e guardano con crescente preoccupazione al ritorno di barriere commerciali. L’effetto combinato dei dazi e della frenata globale potrebbe penalizzare soprattutto queste ultime, accentuando il divario tra aziende resilienti e fragili.

Richieste di intervento al governo e all’Europa

Il mondo produttivo italiano, pur non nascondendo un certo grado di resilienza, chiede risposte forti da parte delle istituzioni. In particolare, molte imprese auspicano un maggiore impegno del governo italiano e della Commissione europea per contrastare le misure protezionistiche statunitensi e per tutelare la competitività delle aziende europee sui mercati internazionali. La necessità di una diplomazia economica efficace, capace di mantenere aperti i canali commerciali con Washington senza alimentare lo scontro, è vista come prioritaria.



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